ATTIRARE I MIGLIORI

La selezione è un percorso che prevede un “prima”.

Il “prima” è la fase in cui si lavora per creare all’interno dell’azienda le condizioni favorevoli per attirare persone di valore. È il momento in cui l’azienda si “sintonizza” con le persone che sta cercando, si rende accogliente e cerca di proporsi in maniera interessante.

 

Il modo in cui un’azienda riesce ad essere accogliente per i potenziali collaboratori validi si potrebbe riassumere in tre aspetti: 1. Un atteggiamento inclusivo, 2. Elevata affinità e interesse sincero verso le persone e 3. Assenza di barriere create per tenere lontane le persone

UN ATTEGGIAMENTO INCLUSIVO

Si tratta di una predisposizione a includere le nuove persone.

L’inclusione è l’atteggiamento di chi rende facile agli altri l’approccio o l’avvicinamento a un luogo, a un’attività, a un gruppo. È il concetto di “porte aperte”, è il tentativo di eliminare le barriere.

Per esempio il cartello “entrata libera” sulla porta di un negozio è una manifestazione di volontà d’inclusione, così come l’”open day” nelle concessionarie d’auto oppure la “prova gratuita”di un nuovo prodotto o servizio.

Poiché l’inclusione è ovviamente un concetto legato al gruppo e non all’individuo, esso rappresenta l’elemento chiave dei grandi movimenti culturali, religiosi, economici che si sono diffusi maggiormente; essi sono cresciuti proprio in funzione del fatto che sono stati in grado di inserire grandi quantità di persone al loro interno.

L’inclusione si applica verso l’interno (collaboratori).

Un’azienda inclusiva è quella in cui, idealmente, non ci sono pregiudizi nei confronti delle persone e non esistono elementi di discriminazione.

Un esempio di cultura fortemente inclusiva (prescindendo dalle finalità e dai sistemi operativi adottati sul cui merito non dibatteremo in questa sede), si può osservare nel mondo dei multilivelli. Il multilevel è un sistema aziendale – basato su un criterio di crescita – indiscutibilmente inclusivo e ciò si esprime sotto molti punti di vista: apertura al reclutamento (dai 18 ai 90 anni si può far parte del gruppo), assenza di requisiti necessari alla partecipazione (che una persona abbia già un’attività o no è assolutamente indifferente, che abbia esperienza o no non è importante) e modalità di aggregazione (riunioni globali con grande coinvolgimento emotivo, forte “presidio” dei membri del gruppo e fiducia incondizionata verso la buona riuscita nei confronti di chiunque).

Ovviamente si tratta di un esempio estremo. Non intendiamo sostenere che ogni azienda dovrebbe utilizzare il sistema del multilivello o includere chiunque, ma che dovrebbe trarre da esso ispirazione per applicare al proprio interno il principio di inclusività.

L’inclusione si applica verso l’esterno (alleanze).

Il concetto di inclusione si applica anche al fatto di creare alleanze esterne. L’azienda che esclude possibili alleanze esterne fallirà. L’avere progetti o piani di inclusione nei confronti di clienti, fornitori o addirittura aziende concorrenti finirà per estendere il raggio di influenza dell’azienda stessa facendole conseguire maggior successo.

Per esempio l’azienda Microsoft, nel momento di lancio di nuovi software o di nuovi prodotti, “include” i propri clienti nel lavoro di ricerca e sviluppo, chiedendo loro di partecipare attraverso suggerimenti e segnalazioni finalizzati al miglioramento del prodotto.

AFFINITA’ ED INTERESSE

Per comprendere a fondo i meccanismi di crescita di un gruppo è necessario conoscere qual è il sistema che rende un’azienda propensa ad essere inclusiva, cioè disposta ad ammettere persone nuove. Tale sistema si basa sui principi dell’affinità. Con affinità intendiamo un concetto di puro magnetismo. Nell’universo materiale esiste una forma di attrazione tra gli opposti; basti pensare a una calamita in cui il polo positivo attrae il polo negativo, ai fenomeni dell’elettricità, ai vuoti che si riempiono; nel mondo fisico impera la legge dell’attrazione degli opposti.

Ciò non è vero, però, nel campo delle relazioni umane. Qui vige la regola contraria. Sono gli uguali che si attirano. Dagli amici che si scelgono a scuola, alle compagnie che si frequentano, ai rapporti sentimentali; le persone si sentono nella condizione ideale e si trovano a loro agio nel momento in cui vivono e sperimentano situazioni comuni, con persone simili a loro.

Il livello di affinità di un’azienda non potrà mai essere superiore al livello medio di affinità che i singoli individui nutrono uno verso l’altro. Questo si applica tra management e collaboratori, tra collega e collega, tra collaboratori e clienti, tra management e clienti, tra collaboratori e fornitori. A qualsiasi livello di interazione relazionale. Al più basso livello di affinità, ogni persona tende a “legare” in maniera naturale e passiva soltanto con i colleghi che, a pelle, le piacciono di più o con cui si trova più in sintonia. Poiché non vengono incoraggiati momenti di aggregazione o condivisione tra i vari membri del gruppo, ogni reparto tende a rimanere nel proprio guscio, con la conseguenza che l’azienda diventa un insieme di compartimenti stagni scarsamente in relazione tra loro, in cui ognuno interagisce soltanto con chi gli sta maggiormente simpatico, in un’ottica di sostanziale individualismo.

A un livello di affinità superiore (tolleranza/sopportazione), le relazioni tra le persone sono più intense ma rimangono sul piano della formalità. Il gruppo è in grado di sostenere agevolmente soltanto condizioni operative di routine, ma non sarebbe altrettanto capace di affrontare situazioni problematiche particolari che richiederebbero una forte coesione tra le varie persone per lavorare “spalla a spalla”.

Al massimo livello di affinità, in azienda esiste vera e sincera interazione tra le persone; esse sono in grado di affrontare efficacemente anche periodi di forte stress o momenti realmente problematici, grazie alla coesione e alla collaborazione che si manifesta nel senso di appartenenza al gruppo, un vero e proprio “ésprit de corps”.

COME MIGLIORARE

Per innalzare il livello di affinità e di attrazione presente in una PMI, condizione che evidentemente rende qualsiasi azienda maggiormente accogliente per le persone di talento, è necessario sviluppare tutte le attività connesse al team building (costruzione del gruppo).

Un imprenditore può intervenire su tre fronti, anche contemporaneamente:

Attività di management

Si tratta di attività condotte dalla dirigenza nei confronti del gruppo che hanno lo scopo specifico di sviluppare aggregazione tra i membri del gruppo – Elaborazione e condivisione di mete e obiettivi, riunioni interattive finalizzate a sviluppare programmi e iniziative aziendali, momenti di incontro e confronto tra le persone, sviluppo di progettualità collettive, gruppi di lavoro

Sistemi di gestione motivanti

Iniziative volte a far sentire le persone importanti, valorizzate e gratificate – Pubblico apprezzamento per i risultati ottenuti dai collaboratori, sistemi di incentivazione della produttività, giochi e premi, condivisione dei successi dei membri del gruppo

Attività formative o para-formative (outdoor)

Attività volte a “forzare” l’interazione tra le persone – Dalle attività pratiche di gruppo quali spostare l’arredamento degli uffici o ridipingere le pareti, alla partita di calcio o pallavolo, alle esperienze emozionali forti quali una discesa di un torrente in rafting o un corso di sopravvivenza nella giungla

Ogni imprenditore è chiamato a lavorare, in maniera continua, sul processo di costante innalzamento del livello di affinitàà del proprio gruppo. Non solo perché questo si traduce in maggior efficienza e maggior produttività, ma anche e soprattutto perché creerà quell’effetto magnetico che permetterà di attirare persone con un livello di affinità più elevato.

ASSENZA DI BARRIERE

Per quanto le aziende dichiarino di voler assumere e inserire nuovi collaboratori, in realtà molto spesso nella pratica attuano dei sistemi di esclusione che rallentano e rendono difficoltoso il processo di inserimento.

In maniera naturale e fondamentalmente inconsapevole, ogni gruppo tende a essere esclusivo. L’istinto primario di un gruppo non è quello di includere i nuovi arrivati, ma è quello di lasciarli fuori.

Questo è evidente innanzitutto sul piano sociale e culturale; per esempio molte nazioni o culture sono fondate su concetti di esclusione: esclusione delle donne dalla vita pubblica, esclusione di certe razze o religioni da una completa integrazione, esclusione di certe categorie sociali dalla possibilità di poter godere di alcuni diritti basilari. A livello esasperato ciò si manifesta con intolleranza e razzismo.

Ma ciò è osservabile anche nella quotidianità delle relazioni sociali. Basti pensare a quando arriva un nuovo elemento in una compagnia di amici. È tipica la situazione in cui i membri veterani fanno battute che solo loro possono capire o parlano di situazioni che solo loro hanno vissuto. Benché non sia del tutto intenzionale, questo atteggiamento fa sentire il nuovo arrivato un estraneo. È un meccanismo naturale che ogni gruppo utilizza per difendersi, per proteggere e affermare la propria identità, per mantenere il proprio status e l’equilibrio raggiunto.

Ciò ovviamente avviene anche nelle aziende. L’istinto naturale di un’azienda è di mantenere lo status quo e rifiutare persone nuove, non di accettarle o di integrarle.

Questo avviene perché nell’immaginario collettivo le persone nuove rappresentano dei costi, “non vanno al passo” col resto del gruppo e spesso fanno perdere tempo. I collaboratori esistenti possiedono certe competenze e certe abilità acquisite nel tempo e non sono tanto disposti a ritrasmetterle ad altri. Il loro istinto primario è quello di conservare lo stato delle cose, guardano con sottile diffidenza ai nuovi arrivati perché vivono con timore l’idea del cambiamento che potrebbe alterare gli equilibri aziendali cui sono abituati. Di conseguenza attuano dei “sistemi di difesa” inconsapevoli per proteggersi dall’arrivo dei vari “alieni”. Si tratta di una sorta di rifiuto inconscio all’accogliere persone nuove.

Tali sistemi sono molteplici:

  • troppi vincoli o “paletti” sulla scelta delle persone (età anagrafica, titolo di studio, conoscenze tecniche, precedenti esperienze lavorative, zona di residenza, aspetto esteriore )

  • richieste di requisiti difficilmente reperibili (un dirigente con esperienza e di successo ma che sia disposto a farsi pagare poco; oppure persone sicure, autorevoli e autonome ma contemporaneamente flessibili, accomodanti e disposte ad accettare direttive)

  • forte selettività sulle tipologie di candidati (solo persone che abitino nel paese in cui si trova l’azienda; oppure donne ma non in “età da marito”)

  • assunzioni effettuate solo sulla base di conoscenze dirette dell’imprenditore

Le resistenze all’inclusione, nella maggior parte dei casi, derivano da esperienze negative precedenti. Capita infatti con frequenza che l’imprenditore, “segnato” dagli insuccessi conseguiti nelle selezioni passate, stabilisca delle regole troppo rigide per cautelarsi e tutelare l’azienda da ulteriori fallimenti.

Chi si è scottato con l’acqua calda poi ha paura anche dell’acqua fredda.

Ecco perché l’imprenditore prende mille precauzioni. Non è vero che non vuole includere, desidera farlo ma, ricordandosi di essere stato “scottato”, opera con molte riserve ed estrema cautela.

Quindi ogni fenomeno di resistenza da parte dell’azienda (troppi paletti, richieste quasi impossibili, estrema selettività) può essere considerato naturale e può essere risolto spingendo l’imprenditore oltre i suoi timori.

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